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LitCamp 2 – senza titolo

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Senza titolo.
Non credo infatti di averne per dire alcunché, tuttavia, come si dice qui:
mi no digo gnente, ma gnanca no taso

Perché sono andato al LitCamp?
Perché mi ero fatto l’idea che fosse un camp dedicato alle scritture. Ai blog narrativi in particolare. A questi tanti o pochi, velleitari o meno (i punti di vista al riguardo si sprecano), compagni di strada volevo raccontare un mio particolare percorso – non originale e non nuovo, come Remo Bassini può illustrarvi meglio di quanto possa fare io – che ho intrapreso come conseguenza ad alcune riflessioni che, ridotte all’osso, sono: l’editoria tradizionale spesso non ci considera pubblicabili (per gusti, strutture narrative, mercato, business, non importa), la “gente” legge poco.
Allora, quello che eventualmente ci nega l’editoria tradizionale è il soldo, non la possibilità di raccontare delle storie, ciò che ci preclude non sono le occasioni di scrivere, ma i salotti buoni, i premi estivi, gli autografi, le comparsate, i dibattiti con gli assessori, le giurie dei reality… ciò che nessuno può impedirci è di usare altri strumenti, altre occasioni, non solo la rete (che è ancora piccina picciò), ma i reading, gli mp3, la messa in scena, i giornali di annunci gratuiti, le pro loco… fate voi.
Sì, ma tocca farlo gratis! Certo! E ben venga, un bel chi se ne frega non vogliamo mettercelo? Vogliamo scrivere o guadagnare? Se sono i soldi quelli che ci premono, non è un’industria fallimentare come l’editoria la risposta giusta.
Sì ma la “gente” non legge. E questa sarebbe una scusa? Ci sono anche un sacco di buone ragioni per ritenere che la vita sia ugualmente degna di essere vissuta senza avere neanche un libro per casa (quella stessa vita che sarebbe quasi espiazione senza tre televisori e un paio di cellulari), una su tutte è che nessuno si è dato la pena di indurti a pensare il contrario. E tuttavia questo non è un rifiuto pregiudiziale ad ascoltare delle storie, a farsele raccontare. Se qualcuno è disposto a farlo ovviamente. E gratis.

Fino a qui le intenzioni


Poi è mi è capitato di assistere alla presentazione di Lulu, sponsor della manifestazione. Mi sono venute in mente le gite a dieci euro tutto compreso, con la vendita delle pentole al ristorante. Non c’è niente di male nel mercato. Non c’è niente di male in Lulu, tranne per la parte nella quale un signore chiamato Bob, già benefattore dell’umanità grazie alle open source, vuole rinnovare il regalo liberando gli aspiranti scrittori dal giogo della perfida editoria.
Di mestiere vendo una delle cose più sopravvalutate del decennio: computer. Conosco due acche secche di marketing, ma so distinguere un venditore da un benefattore. Alcune delle ragioni sono espresse benissimo da Rita Bonomo qui e soprattutto in questo post, altre nei link a fine articolo. Le mie ragioni sono principalmente legate a quanto detto prima: non trovo nulla di sbagliato se si usano consapevolmente i canali più disparati per raccontare una storia, per farla arrivare a chi un nostro libro non lo comprerebbe comunque, ma trovo profondamente ingiusto far credere a chi non ne ha gli strumenti che la stampa on demand sia un ottimo affare. Se lo può sembrare, è perché esistono già decine di case editrici o peggio, di agenzie letterarie – almeno questo è quello che qualcuno permette loro di scrivere sulla carta intestata – che cercano autori esordienti per lanciarli senza indugio nel mondo della carta che conta, previo pagamento della lettura dei manoscritti, di un costosissimo e irrinunciabile corso di bibliocazzologia e di un contributo spese pari a tre volte il valore di ciascuna copia stampata, per un minimo di duemila copie.

Ecco, per come la vedo da qui non mi è riuscito di dirlo meglio di prima, ma confido nei commenti e nei link verso l’altrove: per parte mia questo basta e avanza, dalla prossima settimana ricomincio con le storie.

un video-frammento di Gilgamesh su quanto detto in sala 3

Ecco altri link sull’argomento segnalati da Rita:

il caffè di milaga
the cats will know
idem
Francesco Forlani (nazione indiana)
Flounder
Il Domenicale (segnalazione di Marco Salvador da Remo Bassini)



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